Il clima si faceva sempre più arroventato. La polizia si teneva a distanza. I giornalisti pure. I fotografi erano praticamente a un chilometro. E fu in quel momento che il muro di taxi si aprì. Era l’auto blu (senza tassametro) dell’uomo ne alto ne basso che, accompagnato da uno suo pacifico amichetto basso, epuratore e soprattutto fascistissimo protettore di corporativi anticomunisti con storacissimo orgoglio maschio, conquistò in breve il palco. Aveva ancora il gessatino sporco della polvere ministeriale, il nostro uomo ne alto ne basso, ma il cipiglio era quello del periodo delle “mutande di ferro, camerati”. E in breve, con qualche strillo e schiaffone nelle ultime file (il servizio d’ordine deve fare ordine si o no?), conquistò la maschia folla e la incitò alla maschia lotta.
Fra un ceffone e una megafonata, fra petardi e saluti romani, fra inseguimenti a un cronista del Corriere e le minacce all’intera sistema di comunicazione planetario, in un paio di settimane i nostri gloriosi guerrieri con tassametro innestato nel petto, riuscirono a sfilare di fatto il capitolo taxi dal pacchetto Bersani. Solo un sindaco (alto ma che sembra basso, a dire il vero) cercò in seguito di far rientrare la categoria in un alveo di legalità (tariffario, di licenze, etc) e facendolo scoprì (o meglio scoprì la magistratura) che fra questi simpatici conduttori di licanza pubblica c’erano alcuni rinomati pregiudicati, che c’era una sorta di clan che gestiva le corse dal terminal di Fiumicino e un altro quello della Stazione Termini, che si truffavano sistematicamente i turisti, etc etc… Saltò qualche testa. Venne ritirata qualche licenza. E i nostri offesissimi tassinari decisero che volevano un nuovi sindaco, diciamo uno ne alto ne basso, un “uomo qualunque”. E così fu.
Ieri ho preso un taxi. Da casa mia alla redazione sono 3 chilometri. Avevo un fretta immonda e quindi sono corso al parcheggio delle auto a noleggio invece che alla fermata dell’autobus. Traffico zero, semafori 6. Due rossi e 4 verdi. Tempo di percorrenza 10 minuti. Pagato 17 euro. Ero di fretta e non ho protestato. Ho solo chiesto una ricevuta. Sorridendo il mio tassinaro mi ha passato un foglietto scarabocchiato. Altro che scontrino, i taxi non li rilasciano… “Dottò, la data ce la mette lei, vabbè?”. Ho preso il foglietto e sono sceso. Al collo, il simpatico ometto, aveva un croce celtica. Bella grossa. D’oro massiccio. Come quella del nostro uomo ne alto ne basso, quella che ama mostrare in tv.
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